Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
sabato 5 maggio 2018
Vite quasi parallele. Capitolo 116. Le radici profonde non gelano
Nel momento stesso in cui mise piede nella grande sala dei ricevimenti, Riccardo Monterovere ebbe l'impressione che quelle mura lo stessero attendendo da sempre, da prima ancora della sua nascita, da epoche remote sperdute nella nebbia.
Per quanto fosse nato e cresciuto in Romagna, in ciò che restava del secolare feudo degli Orsini di Casemurate, la sua famiglia materna, Riccardo era consapevole che la sua Urheimat, la terra ancestrale dei suoi padri fosse lì, in quel maniero vetusto, che dall'alto di un selvoso colle dominava una valle di Elfi e funghi, di mirti fioriti e stagni, di sacre querce e castagneti ombrosi.
Era una limpida sera d'estate e le mura del castello erano illuminate da torce che emanavano odore di resina.
Alle pareti, i ritratti degli antenati della linea patrilineare, lo osservavano con aria burbera e accigliata.
Si sentiva piccolo di fronte a loro e si chiedeva se fosse rimasto in lui qualcosa del valore di quegli antichi guerrieri.
Più si andava a ritroso nel tempo, più quei ritratti rappresentavano, in maniera palese, quell'elemento "barbarico" che Riccardo sentiva anche dentro di sé: quella vigorosa rabbia che ogni tanto riemergeva dietro la maschera del gentiluomo, gli sembrava trovare riscontro in quei colossi biondi e minacciosi, discesi da stirpi di Galli e Longobardi, il cui sangue inquieto contrastava con l'elemento di origine romana e patrizia, con innesti bizantini, rappresentato dal retaggio materno.
Intuì che forse un giorno sarebbe stato possibile trovare un equilibrio tra la sua anima "nordica" paterna e quella "mediterranea" materna.
Nella prima parte della sua vita, l'eredità materna aveva prevalso nettamente.
Si era però arrivati a un punto di svolta.
Torno dai miei Padri, nella cui gloriosa compagnia, un giorno, non dovrò più vergognarmi.
Conosceva a memoria l'albero genealogico andando a ritroso.
Chiese mentalmente perdono a quei Lari, le cui tombe sprofondavano nella cenere, senza che lui avesse mai reso loro l'estremo omaggio.
Era tempo di riparare anche a quella mancanza.
Multas per gentes et multas per aequora vectus, advenio has miseras, frater, ad inferias, ut te postremo donarem munere mortis...
I versi di Catullo si confondevano con quelli di ogni poeta che aveva cantato il tema della peregrinazione e del ritorno alla famiglia e alle radici, che erano anche frammenti di memoria e tessere di un'identità perduta.
Per un istante Riccardo rivisse le fasi della sua esistenza e i luoghi in cui aveva dimorato: Casemurate, Cervia, Forlì, Milano, Bologna, Basilea, Friburgo in Bresgovia, di nuovo Bologna e nuovo Forlì... tutto per arrivare fino a Monterovere, dove ogni cosa era incominciata.
Nei suoi anni verdi aveva errato, sia nel senso di viaggiare, che nel senso di sbagliare.
Si era esposto a numerosi pericoli, in maniera sciocca e incosciente, sia arrampicandosi sui monti che nuotando nei mari, o avventurandosi in viaggi improvvisati, senza una meta precisa.
Aveva persino solcato le acque del grande Reno di Germania in canoa, ai confini tra il Baden e l'Alsazia, forse la sua impresa più folle, resa possibile dall'incoscienza degli anni verdi e dall'amore di una ragazza.
Mentre sfidava la corrente di quel fiume caro a Wagner e ai romantico-decadenti, Riccardo aveva compreso qualcosa di se stesso.
Aveva compreso la natura del conflitto che lo lacerava.
Io sono la nave e la tempesta. Sono l'onda e il naufrago e lo scoglio. Io sono il mare stesso dove annego.
Vittima e carnefice di se stesso, aveva errato e sbagliato, e a salvarlo erano stati, prima di tutto, due celebri versi di Tolkien.
Non tutti coloro che errano sono perduti.
Le radici profonde non gelano...
Con quella lirica dedicata al personaggio di Aragorn Elessar, il Ramingo destinato a diventare Re, dopo infinite peregrinazioni e traversie, e dopo aver riforgiato la spada degli avi e sconfitto il nemico che aveva distrutto il suo regno e la sua stirpe, Tolkien, quel grande mago della parola e del mito, aveva infuso coraggio negli animi smarriti delle generazioni del dopoguerra, in un'Europa che sembrava aver perduto la propria identità.
A distanza di settant'anni dal momento in cui furono scritte, quelle parole restavano più che mai attuali.
Le radici sono importanti. E' per questo che oggi sono qui.
Rinfrancato da quel pensiero, procedette lungo la sala, osservando ogni dettaglio con attenzione.
Si guardò intorno, colpito dalla sontuosità dell'ambiente, dall'ampiezza del salone e dalla numerosità degli ospiti.
Gli Iniziati vogliono far colpo su di me. E' come se mi dicessero: "Vuoi essere l'erede di tutto questo? Allora offri a noi la tua anima, come ha fatto tuo zio prima di te".
Facevano forse appello al suo "Lato Oscuro"?
Certo non sarebbero mai stati così diretti e prosaici: l'Iniziazione ai Misteri doveva essere in sé e per sé una ricompensa.
Qualcuno si sarebbe potuto chiedere che senso avesse, nell'epoca del trionfo delle scienze esatte e della tecnologia digitale, un approccio alla conoscenza di tipo esoterico, simbolico, allegorico, mitologico, misterico ma non necessariamente mistico o trascendente, per quanto la maggior parte di quei riti tendessero alla dimensione del sacro.
Una vena di misticismo poteva certo essere presente in quasi tutti gli approcci esoterici alla conoscenza, così come anche un elemento fideistico simile a quello religioso, ma sarebbe stato riduttivo pensare che i Misteri fossero costituiti soltanto da questo.
La risposta che Riccardo si era dato consisteva nel fatto che i Misteri, per la loro segretezza, risvegliavano la curiosità di chi ne era escluso.
Questo era il primo punto.
E' la segretezza assoluta del suo contenuto ciò che rende appetibile la conoscenza dei Misteri della dottrina esoterica.
Non a caso si parlava di Dottrina Segreta, e questo a prescindere dalle fantasie di Helena Blavatsky, il cui unico merito era stato quello di stimolare l'interesse verso le religioni orientali e la dimensione spirituale dell'esistenza, nell'epoca in cui il Positivismo prendeva a picconate tutte le certezze bibliche su cui per secoli si era retta la Cristianità.
E c'è anche l'idea che quella conoscenza possa trasmettere qualche "potere".
Quello era il secondo punto.
Ne aveva sentito parlare in un interessante seminario tenuto dal dottor Luca Bosco, assistente del professor Monterovere, alcuni anni prima.
Fu dunque con piacevole sorpresa che Riccardo scorse al centro della sala proprio il dottor Bosco che parlava con Lorenzo Monterovere.
Non vedeva entrambi da vari mesi, ma mentre suo zio era uguale al solito, ("il vecchio ch'è forte non s'aggrinza"), l'altro appariva turbato.
Luca Bosco aveva qualcosa di ascetico e di spirituale.
Molto magro, alto, pallido, dallo sguardo profondo e malinconico, i capelli lunghi, un'ombra leggerissima di barba, pareva un Cristo in croce.
Riccardo aveva molta stima di lui e si era sempre chiesto se c'era possibilità che quella stima diventasse un'amicizia. Pur essendo profondamente diversi sotto tanti punti di vista, a partire dall'aspetto e dal modo di vestire, c'era una qualche affinità elettiva che aveva reso le loro conversazioni, in passato, molto interessanti e illuminanti.
Tuttavia, mentre Riccardo era fin troppo loquace e disponibile a trattare argomenti personali, Luca Bosco era estremamente riservato, per cui non si sapeva quasi niente della sua vita privata, se non che era stato innamorato di una collega di studi straniera, una certa Jenna Burke-Roche, con cui aveva frequentato il Dottorato di ricerca.
Riccardo se la ricordava bene: una bionda bellissima, di gran classe, colta (parlava correttamente cinque lingue), ma apparentemente fredda e altera. Si sapeva che era stato un amore infelice, e che lei alla fine si era messa con un rampollo inglese destinato a incarichi importanti nell'ambito della diplomazia internazionale.
Certo, era passato del tempo, ma tutti e due ne sapevano abbastanza sull'argomento per poter dire che quel tipo di traumi sono come delle fratture da lungo tempo guarite, ma che tornano a far male ogni volta che viene la pioggia.
Insomma, anche Luca apparteneva al club dei "cuori infranti" e questo suscitò in Riccardo un moto di simpatia.
Vedendo tanta tristezza nel viso dell'altro, si chiese (allo stesso modo di Montale in "Ripenso il tuo sorriso"):
"Se il tuo volto nasconde un'anima libera e ingenua /
oppure sei tu uno di quelli che errano,
estenuati dal male del mondo /
portando con sé il proprio dolore come un talismano"
Mentre meditava su questi versi, si sentì prendere per un braccio.
Lorenzo era stato il primo ad accorgersi di lui e si era tirato dietro anche il suo pupillo:
<<Riccardo, finalmente! Spero che ti ricorderai del dottor Bosco?>>
<<E come potrei dimenticarmi di uno dei seminari più interessanti del corso di laurea? Le religioni esoteriche e le eresie gnostiche! Si ricorda che io feci la relazione su La Tentazione di Sant'Antonio di Flaubert!>>
Luca sorrise:
<<Fu un'esposizione molto brillante. Ma diamoci del tu: mi pare di ricordare che fossimo coetanei>>
Riccardo ebbe un attimo di confusione:
<<Sì, in effetti io ho avuto una vita accademica piuttosto movimentata... e non ho mai conseguito un Dottorato>>
Luca cercò di rimediare:
<<La classe ti ascoltava molto di più di quanto ascoltasse me, durante il corso>>
Riccardo rise:
<<Non era poi una gran classe: i più erano solo degli scaldasedie. Però i "Monteroveriani" erano interessati e io non mi sono perso una sillaba. Insomma, come si suol dire in questi casi, Socrate da solo vale più di tutti gli altri>>
Lo zio Lorenzo rise a sua volta:
<<Ecco le tipiche battute impertinenti di mio nipote! A volte mi chiedo se si studi le risposte come se fossero il copione di una fiction brillante americana... Comunque, se gli perdoni la sua infinita superbia, potrai scoprire che in fondo è un bravo ragazzo>>
Luca annuì:
<<Senza dubbio!>>
Riccardo inarcò le sopracciglia:
<<Certo, un "ragazzo" di soli 36 anni che ancora non ha combinato niente di buono nella vita, alla faccia della mia presunta superbia>>
Lorenzo scosse il capo:
<<Ah, la falsa modestia è solo l'altra faccia della superbia, caro nipote. Ma ora dobbiamo parlare in privato>> poi si rivolse al dottor Bosco <<E tu, Luca, puoi salire di sopra, dove ti attende la persona di cui ti ho parlato. Ci vediamo più tardi>>
Luca Bosco annuì e poi strinse la mano a Riccardo: <<E' stato un piacere rivederti. A dopo!>>
Si dileguò con la rapidità del fulmine.
<<Devi scusarlo se è stato di poche parole. Di sopra c'è Jenna che lo aspetta>>
Riccardo sgranò gli occhi:
<<Lady Jenna Burke-Roche? E che cosa ci fa qui?>>
Lo zio guardò il nipote con aria di sufficienza:
<<E' un'Iniziata, naturalmente! Come tutti i membri della sua famiglia. Lo sapevi che i Burke-Roche sono parenti del Duca di Cambridge?>>
Riccardo era un esperto di araldica per cui questa volta non si fece cogliere impreparato:
<<Se non sbaglio la nonna materna del principe William si chiamava Frances Burke-Roche e sua madre era la baronessa Ruth Fermoy, dama di compagnia della Regina Madre. Furono loro a combinare il matrimonio tra Carlo e Diana>>
Lorenzo sorrise con aria enigmatica:
<<Loro e il Consigliere Albedo>>
Riccardo aggrottò le sopracciglia:
<<Chi?>>
Lo zio ridacchiò sornione:
<<Josè Maria Albedo Alcazar de las Altas Sierras y de Silva Falcò Gurtabay, Principe di Medina del Campo, Duca di Valencia, Duca di Malaga, Marchese de Tormes, Conte de la Cueva y Velasco, Visconte di Jerez de la Frontera, Grande di Spagna... più un'altra ventina di titoli, ma è sufficiente chiamarlo Consigliere Albedo, tenendo presente che si tratta di uno degli uomini più potenti del Consiglio Superiore dell'Ordine degli Arcani Supremi>>
<<Che strano... Non l'ho mai sentito nominare>>
<<E' ovvio.
La prima regola di una società segretà è che più si è potenti, meno si deve dare nell'occhio.
In ogni caso, lo conoscerai molto presto.
E qui, stasera. E' venuto per parlare con te>>
<<Con me? E cosa vuole da me? Non vorrà mica combinare altri matrimoni fallimentari in stile Carlo e Diana>>
Lorenzo scosse il capo:
<<No, non temere. E comunque ai fini dinastici non è stato affatto un matrimonio fallimentare. Diana Spencer, pace all'anima sua, discendeva da Charles Fitzroy, Duca di Grafton, figlio di Carlo II Stuart e dunque i suoi geni erano essenziali per rinforzare la Linea messianica del Sangue Reale, oltre che per rendere meno germanica ed "equina" la stirpe dei Windsor, cioè i Sassonia-Coburgo-Gotha.
Purtroppo non hanno risolto il problema della calvizie, ma a questo ci hanno pensato i Middleton, che hanno peraltro antenati importanti, anche se forse non lo sanno neanche loro.
Il Consigliere Albedo ha comunque modificato nel tempo il suo approccio sulla questione dinastica, negli ultimi trent'anni, soprattutto alla luce dei progressi della mappatura genetica.
Ha lavorato persino con Luigi Luca Cavalli-Sforza, il grande genetista>>
Quel nome era tra i più prestigiosi della ricerca storica contemporanea:
<<La genetica delle popolazioni è indubbiamente uno degli strumenti storici più rivoluzionari scoperti negli ultimi decenni. Ma non vedo come io...>>
Lo zio gli fece cenno di tacere e poi a voce bassa:
<<Ti hanno mai detto della leggenda della tragica fine di coloro che rivelarono al mondo l'esistenza del Serpente Rosso?>>
Riccardo era meravigliato:
<<Ho letto qualcosa sull'argomento, ma nessun docente me ne ha mai fatto parola>>
Lorenzo sorrise, allo stesso modo di Palpatine ad Anakin Skywalker:
<<Lo immaginavo. E' una che storia gli accademici non amano raccontare>>
Riccardo comunque espose ciò che conosceva sull'argomento:
<<“Le serpent rouge” è il titolo di un poemetto allegorico su cui poi si sono formulate le teorie più stravaganti. Rientra in quella che tu chiameresti "teoria del complotto". E' un'invenzione letteraria in stile Codice Da Vinci, ma con una tesi più simile a quella de I Fiumi di Porpora. La metafora è simile, per quanto il riferimento storico più vicino sia il progetto Lebensborn. Diciamo che Il Serpente Rosso si colloca a metà strada e simboleggia la Linea del Sangue Reale delle principali dinastie aristocratiche, e la pratica dell'endogamia interna delle elites, comprese le sue più vistose eccezioni>>
Il Professore annuì compiaciuto:
<<Questo è quello che i teorici della Cospirazione vogliono far credere ai profani, ma si tratta di qualcosa di ben più complesso. Il Gran Maestro degli Iniziati, Randolph Saint-Clair, Duca di Albany, Conte di Oakwood, Lord del Regno Unito e Cavaliere dell'Impero Britannico ne è il garante, per quanto a livello operativo abbia preferito delegare la questione al Consigliere Albedo, che nella sua sincera modestia, si limita a parlare di Programma Genetico, per quanto prima delle scoperte della genetica avesse un altro nome: "Il Grande Disegno".
Non è solo una questione di potere o di interessi materiali: ha ambizioni estremamente più elevate e trascendenti, che affondano le loro radici nei primordi della civiltà umana.
A dire il vero, tale Programma è qualcosa che va avanti da almeno 5000 anni>>
Riccardo, incredulo e sbalordito, rimase in silenzio
Ed io che mi illudevo di conoscere la Storia e di sapere tutto sugli alberi genealogici!
Se quella versione fosse stata fondata, la società segreta del Serpente Rosso non sarebbe stato più da considerarsi come un gioco del mitomane Pierre Plantard, bensì il progetto di un'eminenza grigia, il Consigliere Albedo, che da anni operava a suo agio tra genetisti ed esoteristi, in una sorta di esperimento che si collocava a metà strada tra l'araldica e l'eugenetica.
Questo doveva essere solo la punta dell'iceberg di ciò che lo zio nascondeva dietro la maschera enigmatica del suo sorriso di sfinge.
Riccardo fu percorso da un brivido.
Dunque le mie radici potrebbero andare molto più in profondità di quanto credessi.
Gli storici e gli archeologi continuavano a scavare sempre più a ritroso nella protostoria, ma mancava loro questa chiave interpretativa essenziale per comprendere i legami dinastici tra i grandi del passato, e l'abisso temporale in fondo al quale queste stirpi si collegavano, intrecciandosi all'infinito.
Era come la metafora della torbiera nella poesia di Seamus Heaney.
"Le tobiere potrebbero essere infiltrazioni atlantiche. / Il centro d'acqua non ha fondo"