Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
mercoledì 26 luglio 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 83. L'apogeo della famiglia Monterovere
Nel gennaio del 1994, in occasione dell'ottantacinquesimo compleanno del patriarca Romano Monterovere, tutti i membri della famiglia si riunirono per festeggiare, e quella fu l'ultima occasione in cui l'intero clan, al completo, si sarebbe seduto intorno alla stessa tavola.
I festeggiamenti si tennero a Monterovere Boica, il paese d'origine della famiglia, nel castello omonimo, comprato dal "barone" universitario Lorenzo Monterovere, Cavaliere di Malta e Iniziato agli Arcani Supremi.
Dei tre figli di Romano Monterovere e della defunta Giulia Lanni, quello che aveva avuto più successo era certamente Lorenzo, che però era l'unico a non essersi sposato e a non aver avuto figli (si sospettava che fosse omosessuale).
Al secondo posto, in termini di successo materiale, veniva Enrichetta Monterovere, direttrice dell'Azienda Escavatrice ed Idraulica Fratelli Monterovere, un vero colosso nell'ambito dei Consorzi di Bonifica e Irrigazione della Romagna Centrale, anche grazie all'alleanza con lo zio, l'Onorevole Tommaso Monterovere, deputato del Partito Democratico della Sinistra.
Il potere di Enrichetta all'interno dell'Azienda di famiglia era molto solido, grazie al sostegno del padre, dello zio, della zia Anita e di vari cugini, figli dei defunti fratelli e sorelle del vecchio patriarca Romano.
Al terzo posto vi era il primogenito, Francesco Monterovere, marito di Silvia Ricci-Orsini e padre di Riccardo Monterovere.
Francesco era considerato il miglior professore di matematica e fisica di Forlì, così come sua moglie era ritenuta la migliore insegnante di italiano, latino e greco della città.
Il salotto di Silvia Ricci-Orsini Monterovere era il più prestigioso di tutta la Romagna Centrale, perché vi confluivano, oltre ai personaggi legati al Feudo Orsini e all'Azienda Monterovere, anche gli intellettuali colleghi di Silvia o di Francesco e gran parte dei loro ex-alunni che erano rimasti molto legati con i loro docenti del Liceo.
Il 1994 può essere considerato l'anno dell'apogeo del prestigio del salotto di Silvia e Francesco.
Parte di quel prestigio derivava dal fatto che Riccardo Monterovere aveva ottenuto brillanti risultati sia nello studio che nelle relazioni sociali: in quegli anni era legato alla bionda Vittoria Zampetti, sua bellissima, sensibike e intelligente compagna di classe, figlia di un noto industriale e di una parente del clan Ricci-Orsini.
Con queste premesse si potrebbe pensare che Riccardo Monterovere fosse, come si suol dire, "in una botte di ferro", essendo erede di due famiglie benestanti, impegnato sentimentalmente con una ereditiera, e pronto a diplomarsi alla Maturità con il massimo dei voti.
Le aspettative erano grandi e le speranze ancora di più, eppure il sole dell'avvenire di Riccardo Monterovere era giunto allo Zenit e da quel momento non fece altro che calare.
Fu colpa sua o si trattò semplicemente di sfortuna?
Ogni analisi seria deve incominciare da un'autoanalisi e dunque sì, possiamo dirlo con certezza, Riccardo commise moltissimi errori basati su un eccesso di autostima.
Si riteneva psicologicamente forte e in grado di ottenere tutto quello (e non era poco) che la sua smisurata ambizione gli aveva posto come obiettivo, e cioè il diventare un grande dirigente d'azienda e di unire sotto la sua guida l'Azienda Monterovere, il Feudo Orsini e, se Vittoria gli avesse dato fiducia, forse anche le Industrie Zampetti.
Per prepararsi al meglio a questo ruolo, aveva già deciso di iscriversi all'Università Bocconi di Milano, dove si sarebbe trasferito per laurearsi in Economia.
Quella scelta aveva lasciato perplesse molte persone, a partire dai suoi genitori e dagli altri parenti, che lo vedevano più che altro come un intellettuale e un letterato, distante dalle dinamiche carrieristiche del mondo degli affari.
E avevano assolutamente ragione.
Ma Riccardo sentiva dentro di sé lo spirito da avventuriero del nonno materno, il compianto Ettore Ricci, il quale, come un personaggio di Balzac, aveva fatto della scalata sociale e del successo materiale le sue ragioni di vita.
Quello però era solo un quarto del suo DNA.
Gli altri tre quarti erano molto diversi.
Riccardo non voleva ammettere a se stesso di avere in sé dei punti deboli che derivavano dai geni degli altri tre nonni: l'eccessiva sensibilità di Diana Orsini, la nonna aristocratica tendente alla malinconia, alla permalosità e agli sbalzi d'umore; l'ipocondria ossessiva di Romano Monterovere, che viveva nel terrore delle malattie; la tendenza alla pigrizia della compianta Giulia Lanni, che per tutta la sua vita era stata sofferente di emicrania, stanchezza cronica e disturbi cardiocircolatori.
Quei tre quarti di DNA erano decisamente poco predisposti per sopportare il peso delle eccessive ambizioni di Riccardo Monterovere, e tutti questi nodi erano destinati a venire al pettine nel momento in cui, finiti gli studi, egli si sarebbe dovuto cimentare con la vita reale.
Come molti giovani della sua generazione, Riccardo aveva creduto che la maggior parte delle cose si potessero imparare sui libri, e questo era un errore grossolano, perché una qualsiasi persona di buon senso avrebbe saputo che l'esperienza pratica è la migliore maestra, e l'elemento portante della formazione personale e professionale.
Ma Riccardo commise un altro errore, forse ancora peggiore dei precedenti, e cioè l'aver dato per scontato di essere veramente degno dei sentimenti di Vittoria Zampetti, la quale poteva decisamente sperare in un partner molto migliore di lui.
Ma valeva anche il viceversa, nel senso che Riccardo non poteva immaginare che negli anni futuri trascorsi a Milano avrebbe incontrato tante ragazze interessanti, alcune delle quali gli avrebbero fatto perdere la testa, provocandogli le prime crisi, che come crepe si sarebbero diffuse in tutto l'edificio della sua vita da gigante con i piedi d'argilla.
C'erano insomma tutti gli ingredienti per una miscela esplosiva.
Molti lo avvertirono dei pericoli a cui andava incontro e tra questi ci fu lo zio Lorenzo, il quale gli disse apertamente:
<<Quando avrai assaggiato la presunta ambrosia degli Dei e avrai scoperto che l'uva era veramente acerba, allora potrai contare sul mio appoggio per ricominciare da capo, e questa volta nella giusta direzione>>