Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
lunedì 24 luglio 2017
Vite quasi parallele. Capitolo 82. La Sopravvissuta
Diana Orsini vagava sola nella casa dei suoi antenati.
Se n'erano andati via tutti.
I più si trovavano sotto la volta nera della cappella di famiglia, riuniti nel sonno eterno.
Suo padre, sua madre, i suoi fratelli, le sue sorelle e infine suo marito.
Gli altri erano andati a vivere altrove: le figlie, i nipoti.
Rimaneva con lei soltanto l'anziana governante e l'ancor più anziano marito di lei.
Persino le cognate avevano preferito lasciare Villa Orsini dopo la morte di Ettore Ricci.
La verità era che Ettore era stato, nel bene e nel male, l'anima di quella casa, di quella famiglia e di quella Contea.
E questo nonostante il fatto che, per la maggior parte di tutti i lunghi cinquantasei anni del loro matrimonio, Ettore e Diana non fossero andati molto d'accordo, per usare un eufemismo.
<<Era un uomo difficile>> diceva spesso Diana ai nipoti <<ma adesso che non c'è più mi manca terribilmente. Era come un elemento della natura, un temporale estivo, a volte persino un uragano, ma pur sempre meglio di questa siccità, di questa inerzia, di questa quiete da museo, di questo morto viluppo di memorie che non è più una casa, ma un reliquiario>>
Certo c'era ancora il suo giardino, il suo prato pieno di fiori di campo, dove lei amava farsi fotografare dai nipoti.
Trovava conforto nella poesia, specie nei versi di Montale, che leggeva spesso a suo nipote Riccardo:
<<So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale,
da un fuori che non c’è se mai nessuno l’ha veduto. So che si può esistere non vivendo, con radici strappate da ogni vento, se anche non muove foglia e non un soffio increspa l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone. So che non c’è magia di filtro o d’infusione che possano spiegare come di te s’azzufino dita e capelli, come il tuo riso esploda nel suo ringraziamento...>>
Lei e Riccardo amavano commentare quei versi, o adattarli alle proprie circostanze.
<< Da giovane temevo le orme degli intrusi. Erano tanti e il più impresentabile
di tutti era Ettore, perché gli altri almeno stavano zitti. Ma lui no... lui non passava inosservato...
Se mai questa Contea ha avuto un'anima, lui era quell'anima.
Non gli Orsini: noi eravamo qui solo di passaggio>>
Il nipote colse un significato implicito:
<<Eravamo? Perché parli di noi al passato?>>
Diana sorrise:
<<Io sono l'ultima degli Orsini. L'ultima Contessa di Casemurate. Con me si estinguerà il vincolo che lega il mio cognome a questa terra.
Ma tu, Riccardo, tu sei il futuro... tu non hai obblighi verso questo luogo, capisci quel che intendo dire?
Non sprecare la tua vita per riscattare il Feudo Orsini dai suoi debiti!
Questo è un mio fardello, a cui dedicherò tutte le mie forze, per tutti i giorni che mi rimangono. E i tuoi zii faranno il resto, quando non ci sarò più.
Voi nipoti potrete vendere tutto e godervi la vita>>
Riccardo sapeva che sua nonna aveva ragione, ma c'era una promessa fatta ad Ettore in punto di morte:
<<Il nonno, prima di morire, mi ha fatto giurare di dedicare i miei studi all'economia, affinché un giorno possa dare il mio contributo al riscatto del Feudo Orsini>>
Diana sospirò:
<<Lui è morto. Tu sei vivo, e hai tutta la vita davanti. Non buttare via la tua giovinezza in queste meschinità. Economia? No... tu sei un letterato, un poeta, uno spirito creativo e libero!
E soprattutto sei un Monterovere! Segui l'esempio di tuo padre, che è un grande insegnante, o di tuo zio, che è un docente universitario di fama internazionale!
Lascia perdere questa terra amara... troppe lacrime l'hanno irrigata, e troppo sangue...>>
Riccardo prese la mano di sua nonna:
<<Io sono cresciuto qui. Questa casa, questo giardino, tutta questa terra... sono parte della mia vita. Qui ho trascorso i miei anni più belli. Solo qui mi sento veramente a casa...>>
Diana scosse il capo:
<<Gli anni più belli? Ma tu non hai neanche diciott'anni! Gli anni più belli devono ancora venire! E non saranno certo qui. Questo posto è già adesso un mortorio, un cimitero!
Una volta che sarò morta anch'io, cosa resterà qui, se non un cumulo di memorie?
Vuoi forse sprecare la tua vita diventando un adoratore di ceneri?>>
Riccardo la fissò, ed era come fissare se stesso, perché lei aveva gli stessi occhi che lui aveva ereditato:
<<Il mio compito è mantenere viva la fiamma>>
Lei ricambiò lo sguardo:
<<E lo farai, ma in un altro modo!>>
Lui non capiva:
<<E quale sarebbe?>>
Diana sorrise:
<<Racconta la nostra storia. Scrivila. Fa' in modo che ne resti traccia nella memoria degli altri. In fondo la mia vita è stata come un romanzo. Ti autorizzo a scrivere di me e di queste terre, che verranno ricordate perché tu avrai scritto un romanzo su di loro. Questo è il modo migliore per rendere omaggio al luogo della tua infanzia. E' l'unica immortalità consentita. Certe cose non tornano più, ma possono essere raccontate agli altri e poi concluse firmando il libro con un sigillo d'oro>>
Non era la risposta che Riccardo si aspettava:
<<Vorresti fare di me un letterato? Chi mai potrebbe leggere i miei scritti? Studiare Lettere, al giorno d'oggi, è una garanzia di disoccupazione e frustrazioni>>
Lei socchiuse gli occhi:
<<Fare un lavoro che non piace è peggio che essere disoccupati. E il denaro per sopravvivere non ti mancherà, a questo ho già pensato io.
Riguardo alle frustrazioni, chi può dirlo? A volte sono proprio loro a permetterci di crescere, e di andare avanti>>
Lui era troppo giovane per capire:
<<Ma tutti dicono che Lettere è una scelta troppo facile. La fanno in tanti, in troppi>>
Lei sollevò le spalle:
<<Ma solo pochi hanno la vera vocazione. Non dare retta a chi pensa solo al profitto. Hai visto tuo nonno? Vuoi fare la sua stessa fine? Vuoi diventare come lui?>>
Era quello il punto, e Riccardo lo sapeva:
<<Io ho il suo sangue nelle vene. Io gli assomiglio più di quanto possa sembrare, e questo lui l'aveva capito, per questo ha scelto me. Non come erede degli Orsini, ma come erede di Ettore Ricci>>
Diana scosse il capo:
<<Non di Ettore, ma del suo lato oscuro. C'è una parte di lui che non conosci, ma forse è giunto il tempo che io ti racconti la verità su alcune questioni.
Ettore non era malvagio, ma la sua ambizione lo ha portato a dare ascolto a cattivi maestri.
So quel che dico.
Sono gli stessi che ti consigliano di sacrificare la tua vocazione e la tua integrità per inseguire il profitto a tutti i costi.
Keynes, l'unico economista che aveva un cuore, li chiamava "animal spirits".
Non dare ascolto a questi "spiriti animali": non sanno niente e, cosa ancora peggiore, non imparano mai>>