Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
mercoledì 2 marzo 2016
Gli Iniziati di Estgoth. Capitolo 37. La mitica Alfheim
<<Ecco la città che ho visto tante volte nei miei sogni>> disse Waldemar, indicando il punto in cui la Valle di Alfarian terminava e il fiume Leth sfociava nel grande fiume Dhain, creando, in quel punto, un'isola sulla quale sorgeva la mitica Alfheim, la città dalle mille torri.
<<Non avevo mai creduto che potesse esistere davvero tanta bellezza>> dichiarò Greta.
Un'unica montagna si stagliava oltre il fiume, forse il residuo di un antico vulcano.
Per il resto, la Grande Pianura si stagliava verso sud, sotto cieli azzurri, verso un orizzonte impazzito di luce.
Waldemar era inebriato da quella visione.
E la stessa aria che respirava sembrava cielo.
Sentiva risvegliarsi dentro di sé qualcosa che era rimasto in sonno per troppo tempo.
Era la spericolatezza della sua adolescenza, quando, ancora sedicenne, aveva navigato in canoa il fiume Reno ai confini tra la Francia e la Germania, terra dei suoi antenati paterni.
Il fiume Dhain gli ricordava il Reno.
Felici giorni!
Felice me che nei verdi anni percorrevo il grande fiume dei venti.
Io ero la nave ed ero il fiume. Ero tutt'uno con la natura. Non avevo limiti.
Eppure, proprio in un particolare punto molto simile a quello, le Chiuse di Schwanau, in Alsazia, poco a nord di Strasburgo, era caduto da una cascata, salvandosi solo per il rotto della cuffia.
E poi al telefono sua madre che gridava:" vieni qui,, e non farlo mai più, no non farlo mai più!
Certe cose non tornano più...e non pensarci di più, non pensarci anche se sono le cose che hai amato di più, e che restano lì... passeggiare a piedi nudi ai bordi delle strade e quell'amare, amare, amare forte fino a non mangiare più...
Tutto quello, come la sua adolescenza, la sua giovinezza, ormai, era stato archiviato per sempre, morto per la storia, morto per la memoria. Non c'era niente di più morto del ragazzo che era stato.
Anche il ricordo delle Chiuse di Schwanau e delle tante altre volte in cui aveva sfidato la morte.
Invece di morire, ho imparato a respirare.
Ma quanto costa, in termini di fortuna, salvarsi dalla morte?
Pensavo di aver esaurito così il mio "bonus di fortuna". Ma forse non era fortuna: forse era la volontà degli dei: dovevo vivere per essere qui, oggi.
Persino i rimpianti furono messi da parte.
Basta con la nostalgia di "quel che poteva essere". Non poteva esserci nient'altro, altrimenti ci sarebbe stato!
Rivolse nuovamente lo sguardo davanti a sé.
L'isola su cui sorgeva la città aveva una forma romboidale allungata e alle due estremità vi erano dei porti.
Agli angoli delle mura si levavano alte guglie lucenti, di un colore bianco con sfumature grigie e venature azzurrine.
Tra una guglia e l'altra si levavano degli archi aggraziati con la funzione di ponti, che collegavano la città insulare alle varie rive dei due fiumi che lì confluivano.
Sembravano fragilissimi, eppure potevano reggere la carica di un esercito.
Al centro della città svettava una torre molto più alta di tutte le altre.
Era la favolosa Torre Eburnea, di cui raccontavano le leggende, che da sempre si contrapponeva alla Torre Oscura di Gothian.
Gothian era esattamente speculare alla Torre Eburnea.
Per tutto il viaggio Waldemar aveva fatto da interprete tra i suoi luogotenenti, Greta, Albedo e Leonenko, e il comandante militare degli Alfar, Garstil.
Garstil era il prototipo della bellezza degli Alfar: alto, snello, atletico, dai lunghi capelli color platino e argento, vestito con un'armatura raffinata e alla mano aveva una spada della cui eleganza mai si era visto l'eguale.
Il suo viso era simile a quello di un elfo: aristocratico, affilato, con zigomi pronunciati, naso sottile e orecchie leggermente a punta.
<<Voi Alfar assomigliate molto agli Elfi della nostra tradizione>> disse Waldemar
<<Tu sai il perché, illustre Waldemar. Un tempo i Varchi tra i mondi erano aperti, e attraverso l'Yggrasil, il nostro Albero Sacro, era possibile passare da Alfheim alla vostra terra, che noi chiamiamo Midgard, la Terra che sta nel Mezzo tra gli dei del cielo e quelli degli inferi>>
<<Molti Alfar andarono su Midgard, così come molti uomini del nord vennero qui su Alfheim.
Le nostre razze si sono rivelate compatibili. Noi siamo già in frutto di un incrocio tra gli Alfar originari, gli Svartalfar, e gli umani della stirpe degli Iperborei, che vivevano in un luogo chiamato l'Ultima Thule>>
<<Solo noi Iniziati conosciamo la verità al riguardo. I Non-Iniziati pensano che si tratti solo di miti. E invece è vero, è tutto vero. Thule, Iperborea, Atlantide, Mu, Lemuria, Agarthy... sono reali>>
<<E sono reali anche le Valchirie, come quella che è al tuo fianco>> disse Garstil con ammirazione.
<<Questa "Valchiria", che si chiama Greta Van Garrett, è più forte e valorosa di quelle del mito, per cui ti consiglio di trattarla con molto riguardo.
Sarebbe molto gentile da parte tua aiutarla ad apprendere la lingua degli Alfar. Naturalmente io vi farei da interprete, laddove ce ne fosse bisogno, anche se immagino che la mia presenza sarà richiesta altrove>>
Garstil annuì:
<<Sì. nella Torre Eburnea la Famiglia Reale degli Alfar ti sta aspettando>>
In quel momento Waldemar percepì una voce che parlava alla sua mente.
Era la Regina degli Alfar.
La tua venuta tra noi è come le orme della rovina. Rechi un grande male con te. Tu non sei venuto a portare la pace, ma la spada. Sono parole tue.
I tempi si sono dunque compiuti e la profezia si è avverata: si avvicina il tempo di Ragnarok e Kralizec: l'Ultima Battaglia alla fine del mondo.