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Aegon I Targaryen il Conquistatore

Aerys II Targaryen il Folle






























La Quarta Era. Capitolo 15. Arwen ed Aelfwine giungono a Nuova Edoras




Nuova Edoras, la capitale del regno di Rohan, era stata costruita sulla collina dove un tempo si trovava l'antica Edoars, demolita per ordine di Aelfwine il Bello, quando quest'ultimo era salito al trono dopo la morte di suo padre Eomer.
Era una città sfarzosa, con tre cerchie di mura bianche, edifici di pietra e marmo, torri alte, slanciate e di ogni forma, pinnacoli, tetti a cono, residenze imponenti che si innalzavano fino ai bastioni centrali, dove aveva sede la nuova reggia del sovrano.
Arwen osservava la nuova capitale con attenzione e perplessità, mentre si avvicinava alla sue porte, cavalcando al fianco del giovane re di Rohan.
Preferivo la vecchia Edoras. Aveva un'antica tradizione, una nobile semplicità e una serena grandezza, ma per Aelfwine non era abbastanza raffinata.




Egli era l'unico figlio maschio di Eomer di Rohan e di lady Lothiriel di Dol Amroth, un'altezzosa nobildonna di stirpe numenoreana, con sangue elfico nelle vene.
Lothiriel l'ha chiamato Aelfwine perché tutti tenessero in maggiore considerazione la nobiltà del sangue materno."Nato dagli Elfi: non dimenticatelo"!
Arwen, che aveva rinunciato alla propria natura elfica per amore, era sempre rimasta perplessa di fronte alla vanità di lady Lothiriel.
Il ragazzo sarebbe dovuto crescere ad Edoras, insieme a suo padre e al suo popolo. 
E invece, per volontà della madre, Aelfwine era cresciuto a Minas Tirith insieme al cugino Faradan, figlio di sua zia Eowin e del Sovrintendente Faramir di Gondor, ed era diventato amico di Eldarion e della sua sorella maggiore. Faradan si era innamorato di Ancalime, ma la primogenita di Aragorn ed Arwen non lo ricambiava.



Rievocare quegli eventi era sempre doloroso per Arwen.
Ancalime era innamorata di Aelfwine, che però aveva occhi solo per Eldarion. 
Pensavo fosse semplicemente un'amicizia, ma per Aelfwine era qualcosa di più. 
Qualcosa di inconfessabile, all'epoca.
Arwen non riusciva a scacciare il ricordo di quella triste situazione e dei suoi esiti infelici.
I ricordi dovrebbero riscaldare il cuore e invece lo fanno a pezzi.
L'infanzia e l'adolescenza dei suoi figli maggiori era stata tormentata dal groviglio di sentimenti irrisolti del triangolo Ancalime-Aelfwine-Edarion, a cui poi il povero Faradan si era aggiunto come quarto incomodo e ultima ruota del carro.



Solo col tempo Arwen aveva intuito ciò che nessuno osava dire apertamente, e forse nemmeno pensare.
Già durante la pubertà, Aelfwine guardava Eldarion con desiderio.
E allora tutto mi fu chiaro, come la catena di sofferenze che ne stava per derivare
Ma a quel punto era troppo tardi: le ferite d'amore avevano già colpito nel segno.
Faradan amava Ancalime, la quale però amava Aelfwine, che purtroppo amava Eldarion, il quale amava Anduril, sorella di Faradan.
Ad uscirne maggiormente danneggiati erano stati Ancalime ed Eldarion.
La prima aveva sposato Faradan per ripiego, ma non aveva mai dimenticato Aelfwine.
Eldarion si è trovato nel mezzo di questa tempesta d'amore, e ne è rimasto segnato, con la conseguenza che alla fine, dopo la morte di Anduril, ha amato solo se stesso, pur sentendosene in colpa.
Arwen aveva cercato di risolvere la situazione nell'unico modo possibile.
Ho convinto Eomer a richiamare Aelfwine ad Edoras, ma il rimedio fu peggiore del male. 
Il giovane erede di Rohan si era sentito come esiliato in un luogo remoto, dal quale scriveva ad Eldarion lettere piene di dolore e risentimento, lamentandosi per la "rozzezza dei costumi e l'odore di stalla" che permeava l'atmosfera di Edoras.
Non c'era da meravigliarsi se in quegli anni era nato in lui il desiderio di radere al suolo la reggia di suo padre.
Aelfwine il Bello era troppo raffinato per la vecchia Edoras, e appena salì al trono, la demolì pezzo per pezzo e ne ricostruì un'altra, a sua immagine.
La cosa non era stata presa bene dai Cavalieri di Rohan, molto tradizionalisti, ma Aelfwine li aveva ammansiti con ricchi donativi, che gli derivavano dall'eredità materna e dal commercio del legname, per il quale aveva disboscato senza pietà le antiche foreste.
E' come se una maledizione ci avesse colpiti tutti. 
Il Male, che noi avevamo sconfitto e cacciato dalla porta, è rientrato dalla finestra e con un sortilegio ha stregato gli animi della nuova generazione.
Ma di chi era la colpa? Chi erano i responsabili?
Aelfwine ha sofferto come tutti gli altri e forse anche di più. E allora chi è stato il colpevole, ammesso che ce ne sia uno?
Quelle domande continuavano a tormentare il cuore di Arwen, anche a distanza di così tanti anni.
Le tornavano in mente le parole di Elrond:
"Qui non c'è niente per te. Solo morte".





Ti sbagliavi padre. Non è ancora tutto perduto! 
Guardava Silmarien e Legolas, e riponeva in loro la sua residua speranza.
Se solo Aelfwine potesse ricambiare i sentimenti di Ancalime...
Non si era mai sposato, e questo anche per lasciare nei propri vassalli la speranza di poter dare in sposa una delle loro figlie al re.
Ma quali erano realmente i suoi sentimenti? Erano cambiati da allora? C'era stata un'evoluzione?
<<Vi vedo pensierosa, Vostra Maestà>> commentò Aelfwine, intuendo i suoi pensieri <<Forse la Nuova Edoras non è di vostro gradimento>>
Arwen sospirò:
<<Il mio cuore è legato a un passato che non esiste più. Non dare importanza alle nostalgie di un'anziana, la cui vita volge al tramonto. E' il futuro quello che conta, e il futuro sei tu. 
Dalle tue decisioni dipenderanno molte cose>>
Aelfwine rimase impassibile:
<<Mi attribuite troppa importanza, Maestà. Io sono solo un umile guardiano di cavalli>>
Quelle parole furono peggio di pugnalata alla schiena.
Mi odia ancora. Non mi perdona per averlo mandato via.
Ma cos'altro avrebbe dovuto fare?
Era giusto che il ragazzo tornasse sotto la tutela del padre, anche se Eomer non si era rivelato all'altezza.
Se Theoden fosse vissuto di più, sarebbe stato un grande esempio per il figlio di suo nipote. 
Eomer era valoroso, ma era troppo duro e privo del carisma di suo zio.



<<I destrieri di Rohan hanno salvato più volte la nostra terra, Aelfwine, e potranno salvarla ancora, se tu lo consentirai. Io so cosa c'è nel tuo cuore. Se vuoi dare la colpa a qualcuno, dalla pure a me, ma sii leale verso i miei figli. 
Si può amare anche senza il possesso e si può dare affetto anche senza la passione. 
Amare vuol dire anche saper rinunciare a qualcosa per il bene di coloro che amiamo>>
Aelfwine scosse il capo:
<<Maestà, il vostro amore è stato ricambiato, e questo può valere persino la rinuncia alla vita eterna. Ma io... io che cosa ho avuto?>>
La regina gli rivolse uno sguardo commosso:
<<Ancalime non ha mai smesso di amarti. Se solo tu le mostrassi un po' di tenerezza, forse il suo cuore indurito e freddo potrebbe ritornare a volgersi verso il bene>>
Il signore di Rohan rispose con amarezza:
<<Voi non sapete cosa state dicendo, Maestà. Siete ancora sconvolta dal dolore, e questo vi annebbia la vista.
 Ancalime è quello che è, ed io sono quello che sono. 
Come un fiore non è responsabile del proprio colore, così noi non siamo responsabili dei nostri sentimenti e dell'influenza che hanno avuto su di noi. 
Tutto ciò che siamo è il risultato di tante cause, compreso il desiderio: desiderio di essere amati, di essere completati. 
In questo sta il senso della vita e il suo paradosso: che si può star bene solo in due, ma spesso i nostri cuori rispondono a stelle che non vogliono saperne di noi>>