martedì 7 ottobre 2014

La Quarta Era. Capitolo 8. La decisione di Eldarion e i dissidi nella Famiglia Reale di Gondor


<<Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno!>> dichiarò re Eldarion davanti al Consiglio, citando le parole che suo padre Aragorn Elessar aveva pronunciato davanti ai Cancelli di Mordor, il giorno in cui Sauron era stato sconfitto. <<Ci sarà l'ora dei lupi e degli scudi frantumati, quando l'era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Per tutto quello che ritenete caro su questa bella Terra di Mezzo, vi invito a resistere e rimanere uniti, uomini dell'Occidente!>>
Detto ciò, poiché il Consiglio Reale si era protratto più a lungo del previsto e la mediazione tra le opposte fazioni appariva estremamente complessa, il Re decise di aggiornare la seduta a data da destinarsi.
Il sovrano tuttavia non si illudeva che per lui la tempesta si sarebbe placata.
Nel giro di un'ora mia madre e Silmarien sapranno della lite tra Ancalime e gli amici di mio padre. E non la prenderanno bene.
La regina vedova Arwen e la figlia minore erano infatti amiche e sostenitrici di Legolas, Gimli e degli Hobbit, al contrario delle altre due principesse reali, Ancalime e Vanimelde, e dei loro alleati.
Ed io come al solito mi trovo nel mezzo, e sicuramente mio figlio Vardamir vorrà dire la sua.
Non si sbagliava.
Quando scese nella sala dove la Famiglia Reale cenava riunita, sentì che sua madre e sua sorella Ancalime stavano discutendo animatamente.
Quando vide Eldarion gli rivolse uno sguardo adirato e sconvolto:
<<Non posso credere che Ancalime li abbia trattati in quel modo, ma soprattutto non posso credere che tu gliel'abbia permesso!>>
Il re cercò di parlare, ma sua madre lo fermò.
Per quanto affranta dal dolore e indebolita dal tempo, Arwen conservava ancora la regalità dei suoi anni migliori.


<<Il giorno in cui io e tuo padre ci sposammo e fummo incoronati, il primo atto pubblico del nostro regno fu quello di inginocchiarci davanti agli Hobbit che avevano salvato la Terra di Mezzo dal dominio di Sauron. Quel giorno tutto il popolo di Minas Tirith si inginocchiò con noi! Senza gli Hobbit nessuno di noi sarebbe qui, ora. Credevo che questo fosse chiaro a te e a tua sorella. Il nostro debito di gratitudine verso di loro è eterno!>>
Ancalime, colma di rabbia, intervenne:
<<No, madre, te l'ho già detto e lo ripeto adesso davanti ad Eldarion: gli Hobbit hanno già avuto ampiamente la loro ricompensa! Nessun debito può essere eterno!>>
Eldarion si sentì gelare:
<<Madre, io non sono intervenuto perché da anni raccolgo il malcontento di gran parte del nostro popolo che non accetta più lo Statuto Speciale e le esenzioni di cui gode la Contea degli Hobbit, e che sono stati estesi anche al regno di Erebor e alla Marca di Rohan. Ma mentre Aelfwine ha da tempo rinunciato a quei privilegi, gli Hobbit e i Nani si rifiutano di contribuire alle spese per la difesa della Terra di Mezzo. Sono spese enormi e loro devono contribuire come tutti gli altri>>
Arwen scosse il capo:
<<Un debito di gratitudine può essere eterno finché chi lo merita non ha fatto nulla di male per perderne il beneficio. Tu dici che i Nani e gli Hobbit non vogliono contribuire all'attuale difesa della Terra di Mezzo. Ancalime sostiene che sono sufficientemente ricchi per farlo. Vi sbagliate entrambi. Vostro padre sapeva qualcosa che voi fate finta di non vedere: tutte le creature intelligenti non umane si stanno estinguendo. Era già evidente prima dell'inizio della Quarta Era, e in seguito è divenuto un fatto indiscutibile, sotto gli occhi di tutti. 
Gli Hobbit e i Nani stanno vivendo il loro autunno, la fase declinante della loro storia. La loro giornata è giunta a sera, il loro arco vitale alla vecchiaia. Volete privarli, nel loro crepuscolo, di ciò che hanno risparmiato in una lunga esistenza di sacrifici e di contributi al bene comune?>>