Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
martedì 29 aprile 2014
Tre anelli ai Re degli Elfi
Vilya, l'Anello di Zaffiro, appartiene ad Elrond, signore di Imladris, ed ha potere sull'aria.
Nenya, l'Anello di Diamante, appartiene a Galadriel, signora di Lothlorien, ed ha potere sull'acqua.
Narya, l'Anello di Rubino, appartiene a Cirdan, signore dei Porti Grigi, ed ha potere sul fuoco (Cirdan lo donò a Gandalf).
« Tutto ciò ch'è stato compiuto da coloro che posseggono i Tre si volgerà contro di essi per distruggerli, e rivelerà a Sauron la loro mente ed il loro cuore, qualora il Nemico riconquistasse l'Unico. Allora sarebbe meglio che i Tre Anelli non fossero mai esistiti. »
La Nauglamír (o Collana dei nani) era una collana forgiata dai Nani di Belegost per Finrod Felagund, nobile principe dei Noldor e fratello di Galadriel, il quale dimorava nel regno sotterraneo di Nargothrond.
Il drago Glaurung devastò però il Nargothrond, e venne in seguito ucciso da Túrin Turambar.
Il padre di quest'ultimo, Húrin, prelevò infine dai grandi tesori custoditi nel regno sotterraneo unicamente la Nauglamír, e la portò a Thingol, Re degli Elfi del Doriath.
Thingol incaricò quindi alcuni artisti fra i Nani di Nogrod di incastonare nella Nauglamír lo splendido Silmaril che Beren e Lúthien avevano strappato dalla Corona Ferrea di Morgoth, l'Oscuro Signore. Una volta terminata la loro opera però, essi stessi erano attratti dal magnifico monile a tal punto che lo desiderarono unicamente per loro stessi. Così, quando Thingol rivendicò il prezioso oggetto, i Nani lo uccisero nelle sue stesse dimore di Menegroth e fuggirono con la Nauglamír più un grosso bottino, con l'intenzione di tornare alle proprie dimore nelle Montagne Azzurre.
Sulla via verso est incontrarono però Beren (marito di Lúthien, la figlia di Thingol), il quale li sterminò con l'aiuto di Elfi Verdi ed Ent. Tutti i tesori eccetto la Nauglamír vennero gettati nel fiume Ascar, mentre la preziosa collana venne indossata da Beren a Tol Galen.
Il monile venne in seguito ereditato dal figlio Dior, e salvato dalle grinfie dei figli di Fëanor durante la Caduta del Doriath grazie alla figlia Elwing. Questa si rifugiò alle Bocche del Sirion assieme ad altri esuli Sindar, scampando al Terzo Fratricidio degli Elfi (dopo quelli di Alqualondë e del Sacco del Doriath). Il prezioso Silmaril incastonato nella Nauglamír venne poi indossato da Eärendil, sposo di Elwing, che lo portò nelle Terre Imperiture di Aman, dove i Valar ordinarono che egli dovesse vagare per le distese del cielo con la sua nave Vingilot, divenendo a tutti gli effetti una stella.
"La luce di Earendil, la nostra stella più amata".
Durante la Guerra dell'Anello, le forze di Dol Guldur erano guidate da Khamul, il comandante in seconda degli Spettri dell'Anello. Con il suo esercito fece tre assalti a Lórien e al regno di Thranduil nel Bosco Atro, causando danni gravi ai boschi circostanti, ma ogni volta furono respinti dalla forza di Nenya, l'Anello del potere di Galadriel, che solo Sauron stesso avrebbe potuto superare. Gli elfi, in seguito, guidati da Thranduil di Bosco Atro e Galadriel di Lorien fecero un assalto a Dol Guldur e Galadriel buttò giù le sue mura. Non rimase nulla della fortezza che aveva resistito per 2019. Nella Quarta Era il luogo fu ricostruito e rinominato Amon Lanc, e divenne la capitale del regno di Celeborn ad est di Lórien, per tutto il tempo che lui rimase nella Terra di Mezzo.
Nell'immagine, Galadriel distrugge Dol Guldur con i poteri di Nenya, l'anello di diamante.
Le politiche per l'immigrazione nell'ambito della Nuova Rivoluzione Culturale.
Nell'anno in corso la media giornaliera degli sbarchi di immigrati in Italia è di circa 1000 al giorno. L'immigrazione clandestina non è più un reato. Il governo Renzi ha proseguito la politica di massima accoglienza, decisa del predecessore Letta, dal ministro dell'Interno Alfano e dall'ex ministro dell'Integrazione, Cecile Kyenge, attualmente candidata al parlamento europeo.
La svolta è avvenuta nel 2013, quando, insieme all'abolizione del reato di immigrazione clandestina sono state decise altre due misure: una per accordare lo status giuridico di profughi agli immigrati provenienti dal nordafrica e l'altra per predisporre una ampia mobilitazione di mezzi per il salvataggio delle navi che trasportano gli immigrati in Italia, soprattutto nel canale di Sicilia e per l'accoglienza, il vitto, l'alloggio, l'occupazione e l'integrazione sociale degli stessi immigrati.
C'è stata dunque una vera e propria rivoluzione che ha reso l'Italia il paese mediterraneo con la massima apertura, accoglienza e destinazione di risorse a favore dell'immigrazione.
Le forze politiche che hanno sostenuto questa rivoluzione sono state Sel, il PD, Scelta Civica e il Movimento 5 stelle.
La posizione della sinistra in materia è sempre stata quella della massima accoglienza. Nel Movimento 5 stelle ha prevalso l'ala sinistra, ad indicare che la matrice no-global è determinante nel processo decisionale via internet con cui il Movimento agisce.
Riguardo alla posizione dei cattolici del PD e dei centristi di Monti, Casini e Alfano va fatto un discorso a parte.
I centristi e i cattolici hanno seguito le indicazioni di tre categorie sociali e istituzionali di riferimento e cioè la Chiesa Cattolica, la Confindustria e l'Unione Europea, che in questo ambito sono stati i veri motori della Nuova Rivoluzione Culturale, che ha spostato verso sinistra le forze centriste.
Riguardo alla Chiesa Cattolica la posizione di accoglienza si è accentuata con l'ascesa al pontificato di papa Francesco, che ha dato un chiarissimo segnale facendo il suo primo viaggio ufficiale a Lampedusa.
Papa Francesco è di fatto il principale propulsore della Nuova Rivoluzione Culturale perché non solo ha radicalmente modificato il modo di comunicare del Vaticano con i fedeli e con il mondo, ma ha anche preso posizioni progressiste e "di sinistra" sui temi etici (in particolare sul tema della famiglia, di cui mi sono occupato nel post precedente), sui temi economici (sostenendo un pauperismo evangelico e francescano che va d'accordo con l'austerità europea e delle forze europeiste) e sui temi sociali, come appunto l'immigrazione e l'integrazione degli immigrati.
Il mondo cattolico e le forze europeiste si sono saldate quindi con la sinistra e con il Movimento 5 stelle nel rovesciare l'impostazione precedente delle politiche relative all'immigrazione.
Che il Papa abbia scelto una linea evangelica e francescana non stupisce, per quanto un cattolico potrebbe comunque avere qualche perplessità almeno su una questione e cioè che la maggioranza degli immigrati sono di religione mussulmana e ultimamente nel mondo islamico i rapporti con i cattolici non solo stati idilliaci, per usare un eufemismo.
Ciò che invece potrebbe stupire è il fatto che la Confindustria e persino il sistema finanziario che si è formato intorno all'Unione Europea sostenga la politica della massima apertura delle frontiere e di una accoglienza che preveda addirittura il salvataggio delle navi e il finanziamento pubblico del vitto, alloggio, assistenza socio-sanitaria, occupazione, educazione e integrazione degli immigrati e delle loro famiglie (anche in vista della cittadinanza secondo lo ius soli).
Perché c'è questo sostegno dell'industria e della finanza europea verso l'immigrazione, anche clandestina? La risposta è molto semplice: gli immigrati abbassano il costo del lavoro e le richieste contrattuali dei lavoratori, come sempre avviene quando cresce il numero di persone in cerca di occpuazione. Se ci si pensa, in questo momento gli immigrati vanno ad aumentare quello che Marx chiamava "l'esercito industriale di riserva" riferendosi ai disoccupati,.
Qualcuno obietta dicendo una frase ormai canonica: "gli immigrati sono una risorsa in quanto fanno quei lavori che gli italiani non vogliono più fare", e come esempio si cita innanzi tutto la raccolta dei pomodori.
Se fosse tutto così semplice, vivremmo nel migliore dei mondi possibili, ma niente è semplice a questo mondo. La frase "fanno i lavori che noi non vogliamo più fare" è attaccabile sotto molti punti di vista. Prima di tutto non è bella, perché dà per scontato che l'immigrato diventi una specie di schiavo che si sporca le mani al posto nostro: mi pare una premessa quasi schiavista. Ma c'è una seconda obiezione rilevante ed è che noi siamo meno propensi a fare determinati lavori manuali proprio perché la retribuzione oraria e le condizioni contrattuali e ambientali di questi lavori sono drasticamente peggiorate proprio a causa del fatto che molti immigrati accettano di lavorare a condizioni salariali inferiori alla media sindacale, favorendo in questo modo il potere contrattuale dei datori di lavoro.
Quindi non deve stupire il fatto che quello che un tempo era chiamato il "mondo padronale" sia favorevole all'immigrazione. Ciò che meraviglia dovrebbe essere il fatto che la sinistra e i sindacati siano d'accordo con questo sistema che danneggia tutti i lavoratori italiani, sia in termini di potere contrattuale, sia in termini di tasse (perché le politiche dell'accoglienza, assistenza e alloggio costano molto) sia in termini di minore sicurezza e incremento della criminalità e del degrado urbano, il che è sotto gli occhi di tutti, a parte quelli sufficientemente ricchi da non dover sperimentare le condizioni e gli ambienti di vita del cittadino comune.
Dovrebbe ulteriormente stupire il fatto che queste politiche sono appoggiate dal Movimento 5 stelle che in teoria dice di opporsi al Sistema, mentre nella pratica, in Parlamento, ha votato a favore di politiche per l'immigrazione che danneggiano il cittadino italiano e favoriscono i potentati vari di cui sopra.
Teniamo presente che tutto questo non ha niente a che vedere con il razzismo. Il concetto di razza è privo di significato e sta scomparendo dal vocabolario. Si può parlare di xenofobia, cioè paura dello straniero, e qui entra in ballo l'aspetto culturale della questione.
Un immigrato ha una cittadinanza di origine, una lingua, una religione o una tradizione valoriale di riferimento, come tutti noi. I sostenitori delle politiche per l'accoglienza e l'integrazione ritengono che il sostegno al flusso migratorio verso l'Italia sia non solo sostenibile e auspicabile a livello economico, occupazionale e finanziario, ma anche a livello di miglioramento sociale e culturale (la presidentessa della Camera, on. Boldrini ce lo ricorda ogni giorno).
La cosa non è così scontata. Certo, per chi sostiene la Nuova Rivoluzione Culturale, le politiche per l'immigrazione e l'integrazione sono un mezzo molto utile, perché il cambiamento indotto nella società, nella mentalità, nella lingua, nella religione e nella cultura in senso lato è enorme.
Cambiamento non vuol dire automaticamente miglioramento, come credono i riformisti.
Cambiare tanto per cambiare è qualcosa che si allontana dalla via della saggezza, allo stesso modo del conservare a tutti i costi quello che non funziona.
In termini di integrazione va tenuto presente un principio che è ben conosciuto da chi concretamente lavora in settori dove l'integrazione dovrebbe avere luogo, per esempio la scuola e la sicurezza pubblica, e cioè che l'integrazione è possibile soltanto se il soggetto vuole integrarsi. Il problema è che molto spesso il soggetto non vuole affatto integrarsi e non mostra nessun rispetto per le regole di convivenza sociale basilari su cui si regge il nostro ordinamento giuridico, sociale e culturale.
A parole l'integrazione sembra una cosa ovvia e facile, nei fatti le cose sono più complesse.
In ogni caso il mutamento è radicale. Si va nella direzione di una società multietnica e multiculturale dove la parte di popolazione di lingua e tradizione italiana diventerà una minoranza.
Forse all'inizio potrà considerarsi una elite privilegiata, poi potrebbe diventare una minoranza al pari delle altre, ma potrebbe diventare benissimo una minoranza che non conta niente.
E qui non si parla di un futuro fantascientifico. C'è un processo in atto che ricalca le caratteristiche con cui Marx definiva l'essenza di una rivoluzione e cioè "il cambiamento reale che abolisce lo stato di cose del presente".
E' una rivoluzione che le elite si illudono di tenere sotto controllo, ma la storia ci insegna che le utopie sono pericolose.
I contenuti e le conseguenze della Nuova Rivoluzione Culturale
Con la presidenza Obama è incominciato in America un processo di istituzionalizzazione giuridica del matrimonio tra persone dello stesso sesso e quindi del concetto stesso di famiglia, che era nato nell'ambito delle socialdemocrazie scandinave e nella Spagna di Zapatero.
All'inizio le resistenze a questo nuovo concetto giuridico di famiglia e quindi anche di educazione, nell'ambito della civiltà Occidentale, sono state notevoli, soprattutto da parte della Chiesa cattolica durante il pontificato di Benedetto XVI (2005-2013) che era diventato un punto di riferimento del pensiero tradizionalista ed era stato di fatto l'ultimo argine al dilagare della Nuova Rivoluzione Culturale, che come prima battaglia ha scelto proprio la revisione giuridica del concetto di famiglia.
Poi anno scorso è accaduto qualcosa che non succedeva da molti secoli e cioè il Papa si è dimesso. Ufficialmente per motivi di anzianità, Jospeh Ratzinger ha "rinunciato al ministero petrino", in un momento in cui la Chiesa era attaccata su più fronti e aveva bisogno di rompere l'accerchiamento.
In questo clima di assedio, la guida della Chiesa è stata assunta dal progressista Jorge Mario Bergoglio, che, fin dalla scelta del nome con cui essere riconosciuto pontefice, e cioè Francesco, ha indicato una netta svolta verso sinistra del mondo cattolico.
Non si trattava solo di una riedizione del pauperismo francescano e dossettiano con la mano tesa verso la sinistra socialista, ma anche una rinuncia all'opposizione aperta del Vaticano al riconoscimento giuridico del matrimonio omosessuale e quindi del nuovo concetto di famiglia.
Ho scelto questa foto perché in certo senso esprime in modo efficace sia il metodo di comunicazione rivoluzionario di papa Francesco, sia il suo "nulla osta", o in termini più attuali, il suo OK allo "sdoganamento" del nuovo concetto di famiglia nell'ambito della legislazione giudiridica, con le inevitabili ricadute in termini di pedagogia e didattica.
Nel momento in cui il matrimonio omosessuale è stato legalizzato in Francia dal presidente Hollande, il Vaticano ha scelto di non opporsi ufficialmente e ha lasciato l'iniziativa alla conferenza episcopale francese.
Sul momento forse non si è avvertita la portata rivoluzionaria del silenzio del Papa sulla questione, ma di fatto questo è stato interpretato come la caduta dell'ultimo ostacolo alla consacrazione di un nuovo paradigma che non solo rende legale in gran parte del mondo occidentale il nuovo concetto di famiglia e di educazione, ma addirittura sanziona come discriminatorio chi osa esprimere delle perplessità sul tema delle adozioni da parte di una coppia gay.
In Italia sta avvenendo qualcosa di molto particolare al riguardo, nel senso che il sistema scolastico pubblico, avvalendosi dell'ampia autonomia didattica concessa dalle ultime riforme e dell'appoggio politico del ministro Kyenge, ha operato una classica "fuga in avanti", inserendo nella pedagogia della scuola dell'infanzia e di quella primaria, una serie di elementi volti a far recepire la famiglia fondata da una coppia omosessuale sullo stesso piano di quella fondata da una coppia etero, quando ancora questa equiparazione non è avvenuta, in Italia, a livello legale.
Il ministro Kyenge ha appoggiato e incoraggiato l'uso di una nuova terminologia "politicamente corretta" che sembra destinata a sostituire quella tradizionale di "padre e madre" con "genitore 1 e genitore 2". La cosa è apparsa all'inizio come una specie di provocazione ironica, ma è risultato chiaro ben presto che su quel punto si stava facendo sul serio e che chi si fosse opposto sarebbe incorso nel rischio di essere tacciato di omofobia e di conseguenza allontanato se non espulso con l'imputazione di comportamento discriminatorio.
Tutto questo senza che esista una legislazione parlamentare sull'argomento.
Renzi e Grillo si sono dichiarati favorevoli ad una legislazione che riconosca le unioni civili omosessuali, che non danno gli stessi diritti di un vero e proprio matrimonio, ma ancora in Parlamento la maggioranza a favore di questo riconoscimento non c'è. Anzi, c'è una certa perplessità anche di fronte ad una proposta di includere nell'ambito del reato di omofobia le obiezioni al riconoscimento del matrimonio omosessuale e delle adozioni da parte delle coppie gay.
Il paradosso è che la scuola e talvolta anche la magistratura danno per acquisita la legalizzazione del matrimonio omosessuale e considerano discriminatorio, e quindi sanzionabile, anche in modo grave, chi mostra delle perplessità di fronte a questa "fuga in avanti", quando ancora nessun tipo di legalizzazione è stata decisa dall'unico organo deputato a questo e cioè il Parlamento.
Può anche darsi che il paese sia pronto a recepire questa riforma, da anni auspicata e propagandata da parte del mondo dell'informazione e di quello dello spettacolo. Sicuramente sarà decisivo, per quel che riguarda l'orientamento futuro dell'opnione pubblica, il fatto che il Papa abbia deciso di non opporsi, lasciando che di questo si occupi la Conferenza Episcopale Italiana (e qui, a mio parere, i rapporti tra il cardinale Bagnasco e il papa Bergoglio non mi paio idilliaci, anche se loro non lo ammetteranno mai).
Ma c'è un secondo tema, fondamentale, di grandissima attualità, che sta cambiando il volto della civiltà occidentale in questo momento, anche qui in seguito ad una ben precisa presa di posizione del Vaticano, ed è il tema dell'immigrazione.
Qui si entra in un terreno delicatissimo, perché ogni argomentazione che mostri perplessità di fronte all'attuale politica favorevole all'accoglienza, all'asilo politico, all'assistenza e all'integrazione sociale dell'immigrato, anche clandestino, in nome del suo status di profugo oppure in nome dello ius soli, per i figli dei profughi.
Cercherò di analizzare questo discorso con tutte le dovute cautele in uno dei prossimi post.
La Nuova Rivoluzione Culturale in atto sta recidendo le nostre radici.
"Le radici sono importanti", dice un personaggio di un film recente che mette a confronto un passato glorioso con un presente distratto, che non riesce più ad accorgersi della grande bellezza del mondo che lo circonda.
Ecco, è bene ripetere questa frase: "le radici sono importanti". Se le tagliamo, l'albero muore.
Viviamo una fase storica in cui troppe radici sono state recise.
Negli ultimi quindici anni c'è stata un'accelerazione "progressista" che è partita dalla "struttura", cioè dalla tecnologia, dall'economia e dalla demografia e, a partire dal 2008 (anno del successo dell' i-phone, anno della crisi finanziaria globale e dell'inizio della presidenza di Obama) ha raggiunto la "sovrastruttura" e cioè il sistema ideologico-culturale-valoriale di riferimento.
Dal 2008 a oggi c'è stata una vera e propria rivoluzione i cui esiti sono discutibili.
Il web 2.0 sorto negli anni precedenti con la nascita di piattaforme che garantissero una maggiore interazione tra i soggetti, ha trovato la sua consacrazione quando gli smartphone hanno trainato l'affermazione dei social network e in generale delle piattaforme bastate sulla condivisione di contenuti attuali.
L'affermazione di Facebook e Twitter ha cambiato radicalmente il modo dell'interazione sociale a tutti i livelli, e il dilagare degli smartphone e dell'applicazione Instagram ha permesso la nascita di nuovi social network basati sulla condivisione di immagini appena scattate, come Pinterest, o di filmati, come Youtube, e questo ha mandato in pensione i siti web statici, che si sono trasformati in blog ad alta interazione, trainati dalla piattaforma Blogger di Google, che da motore di ricerca è diventato leader della condivisione, creando Google Plus, Google Maps, Google Earth, il che ha creato un livello di interconnessione istantanea globale senza precedenti.
In questo contesto la crisi economico-finanziaria che è iniziata proprio nel 2008 con il fallimento di numerose banche a causa dell'eccessivo peso dei mutui subprime ed ha toccato l'apice nel 2010 con la crisi dei debiti sovrani, specialmente nell'Unione monetaria europea, è stata vissuta e condivisa come evento globale.
Tutto questo ha creato le premesse materiali per quella che si può chiamare, con un termine non necessariamente positivo, la Nuova Rivoluzione Culturale, che assomiglia sotto tanti punti di vista alla Rivoluzione Culturale degli anni Sessanta del XX secolo.
Nel prossimo post su questo argomento chiarirò cosa intendo esattamente per Nuova Rivoluzione Culturale e metterò in luce i suoi rischi, che sono enormi.