Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
giovedì 20 marzo 2014
Renzi e Grillo ci porteranno alla rovina. Rimpiangeremo Berlusconi.
Credo sia evidente a tutti che i regali che Renzi sta facendo alla sua base elettorale (i lavoratori dipendenti) manderanno allo sfascio i conti pubblici.
Per aumentare di 80 euro lo stipendio dei lavoratori dipendenti che già prendono 1500 euro, servono 10 miliardi di euro all'anno. Si tratta di una cifra enorme per un paese col nostro deficit e il nostro debito pubblico.
Una cifra enorme, difficilmente reperibile senza tagliare le pensioni, la sanità, le ferrovie, il trasporto pubblico urbano e la sicurezza (si parla di ridurre ulteriormente i corpi di polizia, che sono già insufficienti per mantenere l'ordine pubblico).
Oltre tutto questa manovra non servirà a niente, perché dà soldi a chi ha già un lavoro, ma non si creano nuovi posti di lavoro.
Inoltre il Partito Democratico, con la sua dissennata politica a favore dell'immigrazione, sta creando le premesse per una disoccupazione ancora più alta, per una crescita della criminalità, per una perdita di identità culturale del nostro paese e come se non bastasse per un ulteriore aggravio della spesa pubblica, poiché agli immigrati, compresi i clandestini e i rom, vengono offerti gratuitamente tutti i servizi pubblici (pagati da noi), vengono regalate case, vengono pagate le bollette e vengono dati 30 euro al giorno per "favorire l'inserimento sociale". Ricordo che 30 euro al giorno sono 900 euro al mese, cioè quasi il doppio di quanto prende un pensionato.
Qual è l'alternativa a questo disastro.
Non è certo Grillo, il quale ha un programma così assurdo (andate a leggerlo alla voce "energia", "ambiente", "economia") che porterebbe alla fuga immediata di capitali dall'Italia.
Se il futuro dell'Italia dovesse dipendere da Grillo o da Renzi, allora prepariamoci al peggio.
In questo momento così drammatico, sta avvenendo, sotto l'occhio compiaciuto del sadismo della sinistra e dei grillini, il massacro di Berlusconi, divenuto capro espiatorio di tutti i nostri guai.
Ma tenete a mente quel che vi dico: verrà presto il giorno in cui rimpiangeremo Berlusconi.
I paesi con il debito pubblico più alto
Il vero problema relativo al debito pubblico, secondo una lettura filo-keynesiana, non è tanto il suo accumularsi, quanto l’incapacità delle banche centrali di creare e supportare canali per il pagamento dei tassi d’interesse. In merito ai 18 paesi dell’area Euro, inoltre, le Banche Centrali Nazionali, avendo delegato le loro prerogative alla BCE (ai sensi dell’art 282 TFUE) e al SEBC, hanno perso la possibilità di utilizzare il “canale monetario” e, dato che l’obiettivo principale della BCE è “mantenere la stabilità dei prezzi”, si vedono preclusi gli effetti “positivi” sul debito di eventuali processi di inflazione. Logicamente, infatti, l’inflazione “aiuta” il paese debitore diminuendo il peso relativo del suo debito. Il Giappone, a questo fine, ha da sempre propugnato una dura lotta alla deflazione, con l’ulteriore effetto beneficio di aumentare la competitività degli export, in un paese storicamente protezionista e con altissimi dazi, come quello celebre sul riso.
Le manovre di Austerity e la politica monetaria di stampo monetarista della BCE rendono la situazioni in Italia molto complessa e difficilmente riparabile nel breve periodo, data anche la pressione sulla politica fiscale imposta dai criteri di Maastricht e dal Fiscal Compact (Deficit/Pil annuo al 3%, Deficit Strutturale/PIL 0.5%, riduzione della soglia del rapporto Debito/PIL che supera il 60% di 1/20 per anno).
Charts Credit: Tradingfloor.com
Dai radical-chic agli hipster: come rovinare il mondo in due generazioni
I lettori di questo blog sanno che io non amo particolarmente gli hipster e men che meno i loro "maestri" e cioè i radical-chic.
Il fenomeno hipster non può essere capito senza prima aver compreso il fenomeno radical-chic.
In genere l'hipster è il figlio di un radical-chic, oppure è uno studente che ha scelto come modelli di riferimento i radical-chic.
Per questo, per capire come ci si è potuti ridurre in queste condizioni, dobbiamo andare indietro di una generazione e trovare la sottile linea rossa che ha trasmesso agli hipster l'eredità dei radical-chic.
Credo che tutti sappiano cos'è un radical-chic, ma per rinfrescare la memoria basta semplicemente guardare l'immagine del Testimonial dei Radical-Chic italiani e cioè Michele Serra.
Ho reso l'idea?
Se il concetto non è ancora chiaro, elenco alcune caratteristiche tipiche del perfetto radical-chic:
- La sua "Bibbia" di riferimento è il quotidiano "La Repubblica" (in particolare L'Amaca di M.Serra)
- E' abbonato a "Il Manifesto"
- E' ricco di famiglia, oppure ben pagato come giornalista/scrittore/docente universitario/regista, ma disprezza i ricchi e il denaro generale, di cui fa un usus pauper cioè lo "usa nel disprezzo".
- Ha partecipato alla Contestazione giovanile del '68 o a quella del '77
- Ovviamente è di sinistra, ma giudica i partiti di sinistra troppo moderati e li sferza polemicamente o con ironia corrosiva "da sinistra".
- E' snob, deplora il populismo e le masse.
- Si atteggia a intellettuale anche quando non è laureato e neppure diplomato.
Altro esempio è il Pasdaran radical-chic Nanni Moretti.
Da questi due esempi si possono ricavare anche altre caratteristiche:
- Ha la barba.
- Veste in modo ostentatamente sciatto, per far finta di non dare importanza all'immagine, mentre in realtà la sua immagine è strategicamente studiata.
A confermare questi due esempi possiamo citare Francesco De Gregori e Francesco Guccini, di cui però non allego le foto perché c'è un limite alla bruttezza che questo blog vorrebbe cercare di non superare.
Però non posso non citare il Grande Ayatollah dei Radical-Chic, il loro Padre Spirituale e Venerato Maestro, e cioè, naturalmente, Eugenio Scalfari, Guida Suprema della Rivoluzione.
Chi osa contraddire il Venerabile Eugenio è immediatamente radiato dall'Albo dei Radical-Chic.
Il nobile Scalfari è il Profeta Isaia del nostro tempo.
Interprete del Verbo divino, si degna di cenare solo con una ristrettissima cerchia: Giorgio Napolitano, Mario Draghi, Mario Monti e Papa Francesco, però il conto della cena lo paga Giorgio De Benedetti.
Se Eugenio Scalfari è il padre dei radical-chic italiani, lo si può considerare il nonno degli hipster italiani.
In origine il termine "hipster" indicava negli USA solo gli amanti del jazz. Poi passò a indicare gli intellettuali di sinistra e successivamente i loro studenti.
Se il '68 e il '77 furono per i radical-chic il momento della presa di potere nelle università e nella stampa, il veicolo dell'ascesa degli Hipster è stato l'Erasmus, il progetto di scambio tra studenti di università straniere.
Naturalmente chi sceglie di fare l'Erasmus ha in mente qualsiasi cosa tranne studiare, ma di questo parlerò nella prossima puntata...
Le bassezze dell'Alta società. Capitolo 5. Il notaio Papisco.
Un altro assiduo frequentatore di Villa Ozzani era il notaio
Giuseppe Papisco.
Nato a Catanzaro nel 1916, si era laureato in Giurisprudenza
all’Università di Bologna nel 1939. L’iscrizione ai Guf, Giovani
Universitari Fascisti, (in seguito disse che era in realtà un infiltrato del
partito socialista) unito alla sua buona cultura classica fecero sì che la sua tesi sul “Diritto d’enfiteusi nella Roma di Silla” fosse molto apprezzata non solo negli ambienti accademici, ma anche presso il partito fascista.
Evitò la leva obbligatoria, e quindi la guerra, a causa di una misteriosa allergia ai pollini.
Queste
credenziali gli permisero di vincere un dottorato in Istituzioni di Diritto Romano e di
conseguire anche l’Avvocatura.
Nel 1942 entrò a far parte,
grazie a una segnalazione di un “barone” universitario, di cui era divenuto
fedele seguace, del prestigioso studio legale Frassineti-Petrello-Raffaroni,
che assisteva in quel periodo gli interessi della famiglia Ozzani di Fossalta
in una controversia con la famiglia Ghepardi riguardo ai costi di
ristrutturazione di un palazzo in Via Belle Arti, a Bologna, che questi ultimi
avevano venduti ai Conti Ozzani una ventina d’anni prima.
La causa si era protratta per le lunghe sia per i tempi della giustizia italiana, che per le vicende della guerra.
Il processo si stava inoltre pericolosamente avvitando su se
stesso, considerato che la signora Cordelia Ghepardi aveva fatto causa pure
alla Ditta appaltatrice del restauro, all’architetto che aveva presieduto i
lavori, al notaio che aveva controfirmato la compravendita, all’agente mediatore
del contratto di compravendita, al portiere del palazzo per diffamazione, al
giardiniere per cause sconosciute, e persino a una famiglia di inquilini che
abitavano da generazioni in una specie di sottoscala del palazzo.
Poiché si trattava dunque di una “gatta da pelare” che in
studio nessuno voleva, la causa fu affidata al giovane Giuseppe Papisco, che
così divenne legale della famiglia Ozzani.
In verità come avvocato non si distinse mai gran che, ma in
compenso ebbe un insperato successo come seduttore: il suo fascino latino e la
sua figura azzimata, con tanto di baffetti e brillantina, come usava all’epoca,
conquistarono una delle sorelle, del Conte Umberto, Margherita Ozzani.
I due si fidanzarono nel 1943, l’anno stesso in cui Papisco
vinse il concorso da Notaio (si narra che anche in questo concorso determinante
fosse stata la presenza in alta uniforme e decorazioni del generale De Toschi,
zio di Margherita e padre della famosa signorina Carlotta, La Grand Mademoiselle).
Dal matrimonio del notaio Papisco con Margherita Ozzani di
Fossalta, celebrato nel maggio del ‘43, nacquero tre figli: Piergiuseppe, Goffredo e Benedetta.
Nonostante la guerra, per alcuni anni la famiglia Papisco visse
felicemente e fu un modello per l’alta società ferrarese: il notaio guadagnava
denari a palate grazie ai clienti che il Conte Ozzani e la signorina De Toschi
gli raccomandavano, mentre la signora Margherita sfornava un figlio dietro
l’altro e li affidava alle cure della balia.
Durante la Repubblica Sociale di Salò, Papisco mantenne una
posizione defilata, occupandosi di studi di diritto societario, in cui
abilmente sostenne l’ipotesi di nazionalizzazione delle grandi industrie, che
poteva piacere sia al fascismo repubblichino, sia al socialismo, al comunismo e
al cattolicesimo-sociale. Comunque fosse finita la guerra egli sarebbe “caduto
in piedi”.
Questi studi giovarono anche alla sua carriera accademica, tanto che ottenne la
cattedra universitaria di Professore Associato di Diritto Commerciale.
Quando però si accorse che, politicamente, il vento stava cambiando, decise che era giunto il momento di una "profonda revisione interiore etico-valoriale" che lo portò ad aderire molto opportunamente e con una perfetta tempistica alla Dc,
nella corrente Dossetti-Fanfani.
I suoi articoli sulle "Cronache sociali" risultarono molto apprezzati, sia in ambito accademico che in ambito politico, tanto che durante l'era del centrismo degasperiano fu eletto nel Consiglio Comunale di Ferrara.
Passati i quarantacinque anni, il
notaio Papisco si poteva considerare un uomo di successo sotto ogni punto di
vista.
Era il 1953 quando scoppiò lo scandalo destinato a segnare
profondamente la vita non solo del notaio Papisco, quanto di tutta la famiglia
Ozzani di Fossalta.
Il notaio infatti si innamorò perdutamente della sua bella e
sveglia segretaria, tale Serena Sarpi, che lo aveva conquistato a tal punto da convincerlo
di punto in bianco a lasciare moglie e figli per andare a convivere con lei.
Ma
ebbe a pentirsi quasi subito di quella “fuga d’amore” e ne
pagò le tragiche conseguenze per il resto dei suoi giorni.
La famiglia dei conti Ozzani di Fossalta si schierò compatta contro di lui e gli
fece perdere moltissimi clienti. I suoi colleghi universitari lo isolarono,
biasimandone il comportamento (teniamo presente che erano gli Anni Cinquanta!).
L’alta società gli voltò le spalle. Famoso fu l’ “anatema” che la signorina De
Toschi pronunciò contro di lui: «Ha tradito non solo la fiducia di sua moglie,
ma anche quella del mi’ babbo!»
A nulla valsero i suoi disperati tentativi di tornare dalla
moglie: la signora Margherita era ritornata a Villa Ozzani e non voleva più
vederlo.
L’amante poi lo teneva in pugno: come segretaria del suo studio
notarile era a conoscenza dei segreti di mezza città e non si sarebbe fatta
scrupolo a lasciarli trapelare, qualora il notaio la lasciasse. Sotto un simile
ricatto, e considerando che Serena Sarpi era nel contempo una donna attraente e
un’abile amministratrice finanziaria, Giuseppe Papisco si affidò anima e corpo a costei, che da
quel momento decise di ogni più piccolo dettaglio della sua vita.
Non si potevano sposare, dal momento che all'epoca, in Italia, non esisteva una legge sul divorzio, ma ciò non impedì alla coppia di convivere more uxorio ed avere un figlio, Bramante, destinato a diventare un protagonista di primo piano nella vita dell'alta società ferrarese.
Ma poiché le vie del Signore sono infinite, il notaio riuscì a rientrare "dalla finestra" in quell'alta società che lo aveva cacciato "dalla porta" di casa, o meglio dal portone della Villa Ozzani di Fossalta.
Volle il caso, infatti, che il notaio Papisco fosse paziente del
dottor Guglielmo Federici, il padre di Giulia (amica di Virginia Ozzani di Fossalta), e medico di famiglia dell’alta società
ferrarese.
Fra i due era nata una cordiale amicizia e
poiché il dottor Federici non era uomo da voltare le spalle alle persone care nei
momenti di disgrazia, la loro amicizia si cementò a tal punto che la presenza
della signorina Sarpi venne ammessa in casa Federici.
Tutto ciò accadeva mentre Giulia Federici diveniva amica troppo intima di Alessio Ozzani di Fossalta, gemello di Virginia e nipote di Margherita, l'ex signora Papisco.
Questa imbarazzante posizione di
amica delle famiglie dei due separati coniugi Papisco avrebbe potuto determinare la caduta in disgrazia di Giulia presso i suoi aristocratici amici, ma incredibilmente accadde il contrario.
Giulia infatti venne considerata come il veicolo
principale di informazione dettagliata e di prima mano da parte di entrambi i
coniugi Papisco, l’uno nei confronti dell’altra.
La signora Margherita Ozzani ex
Papisco aveva addirittura espresso il vivo desiderio che “quella cara ragazza”
(Giulia) fosse ospite gradita a Villa Ozzani, ove del resto già la destinavano le
buone parole della signorina Carlotta De Toschi, sua insegnante di ripetizione per
latino e greco, e le ottime conoscenze del dottor Federici nel “gran mondo”. Questo
fu uno dei tanti motivi, in apparenza del tutto casuali, che contribuirono a
legare indissolubilmente la sorte di Giulia a quella degli Ozzani di Fossalta.
Nel frattempo il notaio Papisco si era convertito al Centro-Sinistra, proprio nel momento in cui, col primo governo di Aldo Moro, nel 1962, l'alleanza tra la DC e il PSI inaugurava la sua lunghissima stagione di potere.
Questo gli valse l'elezione a senatore della Repubblica.
Col passare dei decenni, seguendo il corso della politica italiana, il senatore Giuseppe Papisco divenne Sottosegretario nei governi di Solidarietà Nazionale, basati sul Compromesso Storico tra la DC e il PCI.
E così, l'uomo che in gioventù era stato fascista e nella maturità era divenuto un democristiano guardato con simpatia dai socialisti, divenne un politico apprezzato anche all'interno del potentissimo Partito Comunista, che a Ferrara deteneva il potere assoluto.
Dopo avere politicamente avversato la legge sul divorzio, nel 1975 fu uno dei primi a divorziare e poté finalmente sposare Serena Sarpi, anche se da quel matrimonio non sarebbe venuto fuori nulla di buono, come vedremo in seguito.
Scollatura mozzafiato per Emma Watson
Alla premiere del film "Noah", a Madrid, la splendida Emma Watson sfoggia una scollatura vertiginosa, che è equilibrata dalla sobrietà ed eleganza dei capi scelti. Un outfit molto indovinato per l'ormai adulta ex Hermione Granger.