domenica 22 dicembre 2013

Gli Arcani Supremi. Capitolo 59. India.



La ragazza era in piedi davanti alla porta e lo fissava con sguardo serio. Era vestita in modo castigato e forse per questo appariva più grande dei suoi 17 anni.
Robert la trovava inquietante e affascinante nello stesso tempo:
<<India Stoker! A cosa debbo il piacere della tua visita?>>
Lei continuò a fissarlo con quell'aria eccessivamente seria per una ragazza della sua età.
<<Sono io che ti porto le carte degli Arcani, da parte di mio padre. Lo faccio volontariamente, anche perché la mia iniziazione procede parallelamente alla tua>>
Robert la invitò ad entrare:
<<Ti va di parlarmi di questo? Magari davanti a una tazza di tè?>>
India annuì:
<<Sì, ti ho aspettato proprio per questo. Noi dobbiamo parlare. Ci sono questioni che richiedono la nostra collaborazione>>



Robert sentiva che quella ragazza aveva una maturità che andava molto oltre i suoi anni e parlava con una consapevolezza interiore profonda.
<<Lady Edith Burke-Roche, oggi, mi ha rivelato delle cose che non sapevo, ma di cui forse tu sei a conoscenza>>
Mentre entravano, India annuì:
<<Lady Edith è nostra prozia per parte di madre. Noi siamo secondi cugini, e presto ci sarà un nuovo legame di parentela tra noi quando...>> e qui la sua voce divenne un sussurro, nel buio dell'ingresso: <<... quando presto in me si risveglieranno le memorie di Vivien. Per questo sono qui: voglio conoscerti meglio, voglio confrontare le tue esperienze di iniziazione con le mie. Ho bisogno di capire quello che ci aspetta, e come dovremo comportarci quando ci troveremo ai vertici della setta degli Iniziati>>



Quella ragazza gli piaceva. Se ne sentiva attratto in maniera irresistibile e sentiva che era così anche per lei, che indugiava con lo sguardo su di lui e gli stava vicino.
Ma siamo parenti e presto lo saremo ancora di più. La nostra intimità potrà essere solo spirituale, anche se i nostri desideri richiedessero di più.
La invitò ad accomodarsi e si mise a preparare il tè.



<<Non dev'essere facile per te trovarti in questa situazione. Io faccio fatica ad accettare che le circostanze della mia esistenza siano state già decise all'interno di un piano che controlla tutto e che ci rende come delle pedine in un gioco di cui mi sfugge la visione d'insieme>>
Lei si sedette vicino al pianoforte che era appartenuto a Vivien.



<<Presto sarà tutto chiaro, Robert. Non farti intimidire da lady Edith: ha una visione limitata del Grande Disegno. Per lei tutto si risolve in questioni politiche e dinastiche, perché non è mai stata iniziata e conosce solo una piccola parte di quello che Vivien chiamava "il nostro Nobile Scopo". Noi perseguiamo prima di tutto la conoscenza, la sapienza. Il resto viene dopo>>
Lui le versò il tè.
<<Ho vissuto momenti di grande paura, in questi ultimi giorni. Tutte le mie certezze sono state messe in discussione. La mia stessa identità e quella della mia famiglia mi è apparsa sotto una nuova luce. Persino il mio stesso nome. Volevo fuggire, ma la tua presenza mi infonde una grande serenità>>
Lei sorrise e lo invitò a sedersi al suo fianco, davanti al vecchio pianoforte.



Lo guardava con un'ammirazione che lo fece sorridere.
<<Robert, tu sei veramente il principe che ci fu promesso. Ci sono due cose di grande importanza che devo dirti, ma prima è necessaria una premessa. Il Varco di Hollow Beach è quello più importante di tutto il continente americano. Esso permette di viaggiare non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Ascoltami bene, perché quanto sto per dire fa parte integrante dell'Iniziazione. Il viaggio nel tempo è stato già compiuto da altri Iniziati, che ci hanno portato informazioni riguardo al futuro del nostro pianeta. Nel prossimo secolo accadranno una serie di eventi che saranno ricordati con un nome ben preciso: il Grande Cataclisma. Sarà un fenomeno di portata così colossale da cambiare i connotati stessi della Terra, dell'umanità e degli esseri viventi in generale. Niente sarà più come prima>>


L'odio ideologico contro i proprietari di immobili: il nuovo "nemico di classe"




La proprietà di beni immobili vive un momento drammatico. All'invidia sociale si è sostituito l'odio di classe trasversale, che unisce la sinistra e l'elite finanziaria.
Il civile principio che si deve tassare il reddito di un bene, e solo il reddito (sempre che ci sia), appare superato, benché costituzionalmente protetto. Ora, lo Stato sembra non accontentarsi più del reddito, vuole il patrimonio. Si vuole tassare il valore dei beni immobili, che quasi sempre è stabilito a casaccio.
La stampa oligopolista, in mano alla finanza, chiede – per il catasto – di allineare i valori, per tassarli. 
Questo vuole il Grande Ayatollah Eugenio Scalfari, Guida Suprema della Rivoluzione.



Varato su base reddituale in tempi civili (quelli dell'appena nato Stato unitario), avrà ora anche un valore per ogni unità immobiliare, oltre la rendita (che misura – o dovrebbe misurare – il reddito). 
L'Europa (della finanza) è anch'essa allineata: si vuole scoraggiare il risparmio privato dall'investimento immobiliare. 
Lo vogliono le banche, specie quelle europee, specie la BCE di Mario Draghi, l'uomo che nel dicembre 2011, insieme a Monti e a Napolitano, con l'appoggio esterno di Merkel e Sarkozy, favorì la caduta di un governo regolarmente eletto dal popolo, sostituendolo con un governo di tecnici che non era stato eletto da nessuno.






Le tasse più inique, per premere su tale tipo di investimento, vengono varate: da ultimo, s'è pensato perfino allo sfitto involontario. Si teorizza – anche da cattedre di costituzionalisti ritenuti insigni – il «tributo ablativo», assegnando all'imposizione fiscale un'incostituzionale funzione di esproprio surrettizio (e quindi senza indennizzo) e, comunque, di redistribuzione (socialista) della ricchezza. Che si definisce – ipocritamente, in malafede – tale, anche quando non la si può realizzare sul mercato come spesso capita ai nostri tempi (e quindi, ricchezza non è).
S'invoca la progressività fiscale (costituzionalmente legata ai redditi) addirittura anche per i tributi reali, volutamente ignorando che, per la forte progressività del nostro sistema fiscale, il 10 per cento della popolazione con redditi più elevati contribuisce già per più del 50 per cento all'intero gettito delle imposte. 
La stampa confindustriale pretende di dettare l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, e predica di tutelare (cioè di favorire fiscalmente) «imprese e lavoro», come se ogni investimento non creasse lavoro. Impone il concetto – a chi vuol crederci, solo per «far cassa» – che quella immobiliare è una ricchezza statica, a bella posta ignorando – com'è di comune conoscenza – la sua componente dinamica.
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Pur in questo panorama (tetro, a volte barbaro – come per lo sfitto involontario – o incivile, come per la tassazione a valore prescindendo dal reddito) la proprietà si difende, forte dei valori (di libertà e di indipendenza) che da sempre – come ha lasciato scritto von Mises – presidia. Le battaglie condotte hanno evitato pericolose svolte, altri pericoli sono stati – anche nel silenzio dei colloqui riservati – ridimensionati. Presentando, per gli 80 anni della nostra associazione di Genova, una pubblicazione dell'indimenticato (e indimenticabile) avvocato Giovanni Forcheri, scrivevo: «La pubblicazione passa in rassegna le traversie di sempre, ricorrenti. Evidenzia fatiche, entusiasmi e scoraggiamenti: ieri, ancora una volta, come oggi. Ma l'importante, alla fine, è questo: che nonostante tutto, la proprietà edilizia è sempre sopravvissuta, nei suoi singoli esponenti e nel suo – valido e vitale – associazionismo. Sopravvissuta nonostante incomprensioni (e, qualche volta, anche “persecuzioni”), ad assicurare la propria presenza e funzione».
Queste parole, sono valide ancora oggi, appena celebrati – nel 2013 – i 130 anni della Confedilizia. Celebrando l'avvenimento, siamo andati ad altri tempi, nei quali la funzione della proprietà – pur con ricorrenti difficoltà – era più riconosciuta, tempi nei quali si respirava aria più pura (e ben più pulita). Le nostre associazioni territoriali ne sono la prima testimonianza. E perché quell'aria ritorni, ci battiamo giorno per giorno, con la forza della volontà, ma soprattutto con la forza di credere nei valori – intramontabili, generali e non corporativi – nei quali crediamo.
di Corrado Sforza Fogliani Presidente di Confedilizia