Blog di letteratura, storia, arte e critica cinematografica e televisiva. I racconti e i romanzi contenuti in questo blog sono opere di fantasia o di fanfiction. Gli eventi narrati e i personaggi descritti, esclusi quelli di rilevanza storica, sono del tutto immaginari. Ogni riferimento o somiglianza a persone o cose esistenti o esistite, o a fatti realmente accaduti, è da considerarsi puramente casuale. Gli elementi di fanfiction riguardano narrazioni di autori molto noti e ampiamente citati.
martedì 4 dicembre 2012
Tolkien, il padre nobile del genere fantasy.
In vicinanza dell'imminente uscita nelle sale cinematografiche del film "Lo Hobbit", tratto dal romanzo omonimo di John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), mi pare giusto parlare di questo grande scrittore e studioso, docente di letteratura inglese medievale e di filologia germanica ad Oxford, e padre nobile, o quantomeno precursore e ispiratore, del genere fantasy contemporaneo.
Durante i suoi studi universitari, Tolkien ebbe modo di sviluppare le due più grandi passioni che caratterizzarono le sue ricerche e il suo insegnamento: la mitologia germanica (da intendersi in senso lato, e cioè di tutti i popoli di lingua germanica, compresi gli anglosassoni e i normanni) e la linguistica in tutti i suoi aspetti (generale, comparata e storica).
Dalla mitologia germanica Tolkien trasse una grande ispirazione per lo scenario dei suoi romanzi e per le caratteristiche dei personaggi.
Lo scenario è quello della Terra di Mezzo, che deriva molto chiaramente dal Midgard della mitologia germanica, e cioè quel mondo intermedio dove vivono gli uomini.
A tenere uniti i vari mondi, nella mitologia germanica, è il grande albero Yggdrasil.
Nel primo mondo, Asgard, vivono gli dei Asi, o Aesir, che ne "Il Silmarillion" (romanzo postumo che raccoglie gli scritti mitologici di Tolkien) corrispondo agli Ainur.
Tolkien li concepisce come angeli al servizio di un unico dio creatore, e questo gli permette di creare una mitologia che non sia in contraddizione con la sua fede cattolica (era stato infatti cresciuto da un prete, dopo essere rimasto orfano).
Nel secondo mondo, Vanheim, risiedono gli dei Vani o Vaniar, che in Tolkien diventano i Valar e vivono nel continente occidentale che ha nome Valinor.
Il terzo mondo, Alfheim, è la sede degli Elfi o Alfar (nome che ho mutuato per il popolo nordico nel mio romanzo "Gothian") che in Tolkien assumono una importanza centrale (ne spiegherò subito il motivo) e vengono chiamati Eldar o anche semplicemente elfi, e vivono sia a Valinor che nella Terra di Mezzo.
Qui sopra vediamo a sinistra Valinor e a destra la Terra di Mezzo.
Gli uomini vivono soltanto nella Terra di Mezzo, insieme ai nani e agli hobbit (che poi spiegherò cosa sono)
Valinor è la sede di buona parte del romanzo epico "Il Silmarillion", nel quale Tolkien ha voluto dare una cornice mitologica al suo universo, mentre la Terra di Mezzo è la sede de "Lo Hobbit" e de "Il signore degli anelli".
Dicevo prima che gli elfi hanno una importanza centrale. Questo deriva dal fatto che Tolkien, prima di inventare l'universo in cui si dovevano ambientare i suoi scritti, inventò la lingua elfica.
Sembra incredibile, ma è così, come documentano tutti i testi che poi il figlio di Tolkien, Christopher, raccolse secondo un criterio severamente filologico, in una serie di edizioni critiche che hanno permesso di scoprire la genesi delle creazioni del padre.
Tolkien era prima di tutto uno studioso di linguistica, e in particolare c'erano tre famiglie linguistiche che lo interessavano: l'antico anglosassone, le lingue celtiche e il finnico.
Da queste tre lingue egli derivò i due linguaggi degli elfi: l'alto elfico Quenya e il basso elfico Sindarin.
Di questi due linguaggi elfici, Tolkien creò anche i caratteri alfabetici con una loro trascrizione fonetica nei nostri caratteri latini.
Credo che non ci sia mai stato un altro caso simile.
Prima è venuta la lingua elfica, creata in modo minuzioso e dettagliato, e poi è stato creato tutto il resto.
I primi racconti aventi per protagonisti gli Ainur, i Valar e gli Eldar sono stati scritti mentre Tolkien si trovava nelle trincee del fronte occidentale durante la prima guerra mondiale, a cui lo scrittore partecipò come ufficiale.
Solo molti anni dopo sarebbe approdato alla sua creazione più originale, e cioègli Hobbit.
Lo stesso Tolkien in una intervista raccontò come nacque questo strano tipo di personaggi. Un giorno, durante una noiosa sessione di esami, scrisse su un foglio la frase: "In a hole in the groud there lived an hobbit". Anche qui, prima nacque il nome, poi il personaggio. Infatti, per dare un senso a quella frase, inventò il popolo degli Hobbit, che nelle sue opere sono delle creature simili agli uomini, ma di statura molto piccola, costituzione esile e glabra (a differenza dei Nani, che pure hanno un ruolo importante nei romanzi di Tolkien) e abitudini molto particolari, tra cui quella di vivere in caverne tenute alla perfezione.
Il romanzo "The Hobbit" (1936), nacque dalla unificazione dei racconti che Tolkien aveva creato per raccontarli ai suoi figli come fiabe della buonanotte.
Poiché era uno studioso con una ottima reputazione, Tolkien non immaginava che quelle fiabe sarebbero diventate un romanzo di un genere che all'epoca (e purtroppo a volte ancora oggi) veniva snobbato dalla letteratura "colta".
Alla fine, dopo molti incoraggiamenti da parte di amici e familiari, il professore di Oxford decise di mettere a repentaglio la sua reputazione di studioso pubblicando appunto "The Hobbit", che ebbe un successo enorme e inaspettato.
Sulla scia di questo successo, anche un collega e amico personale di Tolkien, Clive S. Lewis decise di pubblicare romanzi fantasy, creando così il ciclo di Narnia.
Dopo essere andato in pensione, Tolkien scrisse il suo capolavoro, "Il signore degli anelli" (1955), che era stato concepito come un sequel dell'altro romanzo, ma che divenne poi il vero romanzo centrale dell'opera tolkieniana.
Naturalmente non è questa la sede per esaminare nel dettaglio un romanzo di oltre mille pagine che richiederebbe una monografia. Quello che mi piacerebbe essere riuscito a comunicare è l'idea che questi romanzi sono opere di grande valore letterario, scritte da uno studioso di grandissima cultura e di eccezionale creatività